Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Trento, 26 settembre 2011 Ancora una volta oltre duecentomila persone hanno voluto testimoniare, in marcia per la Pace, il ripudio della guerra, di tutte le guerre, sancito dalla nostra Costituzione. Tra loro molti trentini, tantissimi giovani, e quasi nessun politico o amministratore. Un segno dei tempi? Chissà. Di certo una sottovalutazione dell'importanza politica, culturale, sociale di questa manifestazione. Quest'anno si festeggiavano i cinquant'anni dal primo evento, promosso da Aldo Capitini insieme a Norberto Bobbio, Italo Calvino, Renato Guttuso. Nomi alti, che dovrebbero ancora dire qualcosa a questa Italia che pare aver smarrito per strada il senso delle istituzioni, della politica e dell'etica che sempre dovrebbe informarla, a prescindere da come ci si collochi nell'arco costituzionale . Una politica sempre più distante dai bisogni delle persone, custode dei propri privilegi e della propria autoreferenzialità. La pace è sicuramente il fondamento del bene comune, è diritto, storia personale e collettiva. E' nata dal sacrificio di chi ci ha consegnato un paese libero, la democrazia e una Carta Costituzionale che ne è l'espressione più pura. Il cammino della Perugia-Assisi, anche domenica ci ha raccontato il paesaggio incantevole, sempre diverso per le sfumature che di volta in volta si colgono, di un’Umbria quasi estiva, con le colline che sfumano azzurrine nella calura di una bella giornata di fine settembre. Sfilano i gonfaloni dei comuni, i vigili urbani con le divise della festa, la sindachessa del PDL con tacco 12 e chioma fluente che presto abbandonerà il corteo per salire sull'auto blu. Il selciato ruvido delle strade che hanno visto i passi scalzi di Santo Francesco ora accoglie, tra le mura antiche nobilitate dal tempo e dalla vegetazione ancora rigogliosa, l'onda colorata dei pellegrini. Perché questa marcia non è solo politica e testimonianza, è anche cammino condiviso, sono silenzi e voci. E' un percorso personale, un guardarsi dentro per ritrovare motivazioni e speranza, un contarsi tra simili, tra tante compatibilità e altrettante sane diversità. Il passo è quello di ciascuno e di tutti: della carrozzina del disabile sospinta da mani gentili, dei bambini e dei ragazzini che affrontano di getto la strada asfaltata e saltano e cantano. Degli anziani che pur nulla al mondo, dopo averla sperimentata, potrebbero rinunciare alla conquista della rocca, alla luminosità dell'aria, alla fatica e al sudore. Del maratoneta che la affronta di corsa, in competizione con i suoi pensieri. La marcia è, per molti di noi che da tanti anni vi partecipiamo, pura emozione, un irrinunciabile momento di comunicazione, amicizia, rispetto del Creato e di chi lo popola. Sfilano, sotto gli occhi attenti degli anziani seduti sui balconcini fioriti, associazioni laiche e religiose, gruppi spontanei, scuole, classi, famiglie, agricoltori, amici della bicicletta, ciechi e ipovedenti, animalisti, e poi partiti, sindacati, Anpi, No Tav. Uno splendido esemplare di cervo implora da un cartellone: “Chi mi ama non mi insegua!”. Ci sono molti cani dall'aria mite che camminano compunti. Sfoggiano bandane con i colori della pace e i simboli pacifisti. I dialetti e gli idiomi regionali sono infiniti. La creatività degli slogan, degli abbigliamenti, degli striscioni e dei cartelli è ogni volta diversa e sempre irresistibile. Si mescolano serietà e ironia, festa paesana e riflessione profonda. Gli immigrati raccontano dai colorati banchetti informativi le storie personali e quelle dei loro paesi. Si capisce che, una volta tanto, si sentono a a casa. Nei banchetti generosi, gratis o per pochi euro si possono gustare cibi genuini, torte e crostate, panini con la porchetta, bevande e sciroppi. Si tagliano salami, forme di grana e formaggi locali, si scambiano i cibi della tradizione gastronomica delle varie regioni. Dalle case escono rubinetti improvvisati “Acqua potabile per pellegrini assetati”. Tutto ciò commuove e conforta. Eppure nel cammino, stranamente, i morsi della fame non si fanno sentire e i panini ormai sfatti languono negli zainetti, insieme alle tavolette di cioccolata e alle barrette. C'è ben altro qui e ora di cui nutrirsi. Nel mio pullman c'è una bimba di dieci mesi, Stella. Si farà tutta la marcia stoicamente appesa allo zainetto sulle spalle della sua mamma amorevole e coraggiosa. Berrà alle soste il latte materno e farà lunghi sonnellini ristoratori. Sorride e comunica con occhi ridenti, grandi e scuri, abbagliata dalla moltitudine festosa che la circonda in un abbraccio ideale. Accennerà pure qualche passo: è la sua prima marcia. Lei è il futuro. Alla fine della manifestazione, dopo gli interventi di rito di politici, amministratori, comici, di bambini, studenti e gente comune espressione della società civile, la mozione finale recita, tra le altre cose: “C'è bisogno di dare all'Italia un governo di pace e una nuova politica”. Sì, penso che ce la meritiamo, e subito, un'altra chanche! E del resto, in un paese, e in un mondo, in ginocchio a causa della crisi economica diventa inconcepibile che si spendano cifre enormi per le spese militari mentre si taglia lo stato sociale, i servizi, le attribuzioni agli enti locali. E la vita delle persone diventa sempre più difficile. Crescita, lavoro, equità sociale: questi sono obiettivi di pace. E mentre noi camminiamo nella luce, nel mondo sono in corso 31 conflitti, tra Medio Oriente, Asia, America Latina, Africa, Europa (Russia, Nord Caucaso, 50 mila morti dal 1990). Morti, feriti, disperazione, esodi, fame, affliggono l'umanità anche se a volte è più semplice dimenticarlo e fare finta di niente. Ci si abitua e assuefà facilmente al dolore degli altri. Un vero e proprio inferno sulla terra riguarda milioni di esseri umani, donne, uomini e bambini. Chi fornisce le armi sempre più sofisticate che alimentano questi conflitti, chi finanzia queste guerre? Quali interessi economici innescano i massacri? Queste sono le domande che l'Occidente deve porsi. Camminare per la pace significa continuare a farlo anche nei nostri pensieri, nelle teste e nel cuore, nel nostro vivere quotidiano, nella politica e nella società, operando scelte conseguenti. Ho sentito tempo fa un'espressione che faccio mia: “Avere piedi pieni di ricordi”. Mi piace molto per definire lo status del pellegrino, del marciatore attivo, del costruttore di pace. Piedi pieni di ricordi e di voglia di vivere, di speranza. Piedi che oggi sono forse un po' doloranti ma non si arrendono al degrado morale e alla tristezza. Piedi di pace. Lucia Coppola |
LUCIA COPPOLA |
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